"caro don Maurizio, decido di scrivere a te perché in questo
momento l'impegno che porti avanti è centrale per il paese. È la vera urgenza.
In Gomorra ti chiamavo Padre Mauro e scrissi del funerale di Emanuele, il
ragazzo di Caivano morto a quindici anni in una rapina. Quel funerale lo celebrasti
tu, non dimenticherò mai le tue parole: "Quindici anni è un'età che bussa
alla coscienza di chi ciancia di legalità, lavoro, impegno. Non bussa con le
nocche, ma con le unghie". A denti stretti e con tanta rabbia in corpo
parlavamo della "Terra dei fuochi" quando in Italia ancora pochi
sapevano cosa fosse, quando i media ignoravano ciò che stava accadendo nelle
provincie di Napoli e Caserta. Ora siamo in tanti a sapere e a raccontare, ma
hai ragione, non basta. Non basta perché ci sono zone dove vivere è
impossibile. Impossibile per il tanfo che senti nell'aria, tanfo di rifiuti
incendiati, tanfo di morte. Le istituzioni quando va bene ignorano, nella
maggior parte dei casi minimizzano e questo, di fronte alla morte, è
insopportabile. Di fronte alla morte di bambini, poi, è peggio: ignorare e
minimizzare diventano crimine. Don Maurizio, ci sono sempre stato, ci sono
adesso e ci sarò sempre. Troviamo i modi, vicini e lontani, militanti e
ragionati, per agire. La tua terra è la mia terra, riconosco nella tua voce una
tenacia che non ascoltavo da anni, una fiducia che io stesso ho perso. Queste
mie parole ti giungano come una promessa di impegno perenne. Vediamoci,
organizziamoci, agiamo. Insieme a chi ogni giorno si sveglia, vive, ama e muore
in quella terra avvelenata che dobbiamo smettere di chiamare maledetta."
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