martedì 21 maggio 2013

Mozione Congressuale ...



MOZIONE CONGRESSUALE PER NICOLA SCALERA SEGRETARIO NAZIONALE IDV



PER UN PARTITO PLURALE E INNOVATORE …
PER UN PARTITO DEL TERRITORIO E DELLA GENTE …
DOVE IL CONFRONTO DEMOCRATICO SIA IL FONDAMENTO
PER UNA MILITANZA ATTIVA, PROPOSITIVA E CONSAPEVOLE
 
Premessa
Ogni nostra attività, sia essa da singoli che in gruppi sociali organizzati, utilizza gli strumenti del dialogo e del confronto. Partecipare al dialogo condividendo apertamente le proprie idee è condizione essenziale per arrivare sulla strada migliore per la crescita culturale, sociale ed economica di una comunità. Un dialogo, quando è fatto anche di domande e risposte, diventa un “gioco serio” dove ciascuno esercita un proprio diritto che gli proviene dall'altro e non dall’alto, un “gioco serio” dove le regole prevedono la condivisione e non l’imposizione. Queste semplici, persino banali, modalità di procedere dovrebbero essere da esempio per tutte le organizzazioni sociali, e per i partiti politici più che ogni altra.

Purtroppo una forma di dialogo così fatto è oggi merce rara, confinata com’è in pochi e ristretti ambienti, in rare e casuali occasioni. Troppi vivono nella convinzione di essere in possesso di privilegi che nessuno dovrà e potrà mai più togliergli, troppi si sono convinti di possedere le chiavi di lettura del mondo non accettando per nessun motivo di mettersi in discussione.

Quello che abbiamo di fronte non è più un amico o un compagno di percorso, con il quale ricercare anche piccole verità attraverso il “gioco serio” di domande e risposte, attraverso un dialogo rispettoso. Quello che abbiamo di fronte è un avversario che ha torto a prescindere, è un nemico dannoso, la cui sola esistenza è avvertita come una minaccia.

Così muore il dialogo ed impera la polemica il cui unico obiettivo è l’annullamento dell’altro come interlocutore, l’affermazione “senza se e senza ma” del nostro punto di vista. Ormai è così dalle più elevate discussioni politiche a quelle più banali da bar. Ed è, purtroppo, così anche nelle discussioni in famiglia concorrendo all’aumento del loro malessere. Si enfatizza, si alza la voce, si grida, si gesticola, si assumono pose plateali… insomma al posto del dialogo subentra il teatrino, un teatrino nauseante che vorrebbe ridurci a semplici marionette, sterilizzando ogni nostra capacità di risposta seria e sensata.

Tutto questo rappresenta un grave pericolo perché nella storia non si è mai visto nascere nuove idee dalla polemica. E solo Dio sa di quante nuove idee avremmo bisogno per affrontare con umanità e senso del Bene Comune le sfide di questo mondo sempre più complesso e tecnologico.
 (rielaborato dal periodico NARRAZIONI, Vol. 12, Num. 3, settembre 2010, Prefazione di A. Malorni)

Prospettiva politica
Il congresso dovrà essere in grado di far avvertire, sia all’interno sia all’esterno del partito, una discontinuità di indirizzi e di comportamenti politici, un segnale oggi largamente atteso nel partito. Ma tale discontinuità con il passato non deve risolversi in un mero espediente tattico e verbale, bensì dovrà scaturire da un’analisi severa e rigorosa dello stato del partito, stato che comunque ha contribuito insieme ad altre cause esterne al partito alla sconfitta nelle ultime elezioni politiche. E discontinuità vuol dire anche avviare una gestione del partito che privilegi la partecipazione, la trasparenza e la democrazia interna, tutte sacrificate negli ultimi anni, per superare i seri e palesi limiti rispetto all’identità e alla appartenenza al partito come forza di centro-sinistra, convinta delle proprie ragioni e dei propri valori.
Il successo di una politica e di un partito dipendono sia dai contenuti e dai valori condivisi, per i quali ci si impegna, sia dalla coerenza e dalla credibilità con le quali quei contenuti e quei valori vengono perseguiti. Guardando retrospettivamente agli ultimi dieci anni non possiamo non riconoscere che siamo stati fortemente deficitari su entrambi questi fronti.

Per tale motivo occorre mettere in campo una serie di azioni e di comportamenti che assicurino il rilancio del partito e della sua identità, in quanto:
-         non può esservi crescita del partito senza definire l’identità politica dello stesso;
-      non vi può essere identità senza una avanzata democrazia interna che porti sempre ad assumere collegialmente soluzioni mediate e condivise da tutti.
Ringraziamo oggi il nostro presidente Antonio Di Pietro, leader indiscusso del partito fino ad oggi, certi che nella nuova posizione che il Congresso saprà assegnargli darà l'apporto che serve al rinnovato partito e avrà come meta quella di far crescere il partito e il Paese oltre la propria leadership carismatica, nella consapevolezza che le persone passano mentre le idee, le passioni, l’amore per il proprio Paese devono andare oltre gli uomini.

Auspichiamo una prospettiva politica che abbia le fondamenta su queste basi quale l’unica in grado di rilanciare l’Italia dei Valori in quanto consente immediatamente anche il recupero di adesioni e di voti principalmente tra chi ha temporaneamente deciso di non votare per la nausea verso un modo di fare politica al quale, purtroppo, anche noi, negli anni, ci siamo pian piano allineati.

E’ giunto il momento di far cadere l’immagine di un partito visto come un autobus sul quale si sale e si scende a proprio piacimento quando si è arrivati alla destinazione che ci si era prefissi. Occorre invece che la meta sia comune per tutti: la meta è la crescita e lo sviluppo della nostra società, crescita e sviluppo che si realizzano attraverso idee nuove e condivise e non riducendo l’azione politica ad una sterile contrapposizione a Silvio Berlusconi, che ha se stesso come suo peggiore avversario a causa del suo modo di essere che appare di giorno in giorno sempre più chiaro (e le tante e recenti contestazioni, anche pubbliche, ne sono la riprova).

Il valore della partecipazione politica
La sconfitta alle ultime elezioni può diventare una nuova partenza ma solo dopo un processo di 'purificazione'. Una condizione dello spirito visibile e tangibile nell'atteggiamento di molti che, delusi dalle vicende della politica senza voce e senza slancio, sia del governo nazionale sia di quelli locali, tornano nel 'privato'. E' la conseguenza naturale del vuoto, dell'afasia, della mancanza di ogni concreto dibattito e proposta sulle questioni più delicate quali, tra le altre, lo sviluppo e la legalità.


  In questo contesto, ed è questo paradossale, l'iniziativa politica è passata da chi ha vinto-senza-vincere le elezioni in mano a chi le ha perse-senza-perderle, con la destra interamente impegnata a utilizzare uno spazio immenso lasciato libero dalle difficoltà del centrosinistra nel costruire un progetto per questo Paese. Quello spazio immenso, che era ed è nostro, da oggi ci tocca riprenderlo … e quel progetto, a cui stavamo partecipando e che stavamo costruendo, che era ed è anche nostro, da oggi ci tocca rilanciarlo.

La crisi del nostro partito, come quella dei partiti dell'area del centrosinistra, si traduce nella sempre minore capacità di intercettare consensi e di creare entusiasmi, si avverte nel sempre difficile dialogo con la società civile, con le associazioni, con quanti hanno tanto da dare in termini di partecipazione e di proposta (l’esperienza di Rivoluzione Civile è solo l’ultimo degli esempi). Un dialogo non ricercato, spesso invocato in maniera strumentale, mai vero e sofferto, quasi sempre contrastato in quanto visto come impropria intrusione su terreni privilegiati. Eppure ci sarebbe tanto da dire. Questioni fondamentali come l'emergenza ambientale, la criminalità, l'illegalità diffusa, la crisi del sistema scolastico e universitario, la dispersione scolastica, la tutela dei minori, il lavoro nero, l'occupazione, ecc. vengono relegate al ruolo di spots propagandistico-elettorali e non diventano veri punti programmatici di un dibattito serrato. Eppure ci sarebbe tanto da fare.

     La realtà delle cose indurrebbe ad una desolata rassegnazione.    Eppure viene da chiedersi se questa condizione di rassegnazione non sia il risultato di un cosciente agire politico che tende a chiudere gli spazi della partecipazione, relegando noi tutti in un'angusta 'riserva indiana' del pre-politico.       Viene da chiedersi se questo stato di rassegnazione non sia lo spazio vitale e precondizionato dove gli "unti", quelli dei privilegi irrinunciabili, lanciano solo nel momento elettorale l'appello all'unità contro i barbari alle porte per poter raggiungere i loro obiettivi esclusivamente elettorali.

   Ma se a questa domanda diamo una risposta, allora sappiamo che non è possibile restare indifferenti. Sappiamo anche che a tutto ciò è necessario opporre una presenza critica e responsabile, non per colmare i vuoti della politica, ma al contrario per trasportare le esigenze dei cittadini nell'area della politica, di fare in modo che il dibattito si sposti sul piano della verità e della ragione. Sono tantissimi le donne e gli uomini, non solo del centrosinistra, che avvertono questa esigenza e noi quest’esigenza dobbiamo essere in grado di intercettare perché è ance nostra. E' vitale, dunque, incamminarsi su questa strada, riappropriandoci del nostro destino … è vitale dare un’anima sicura alla rivoluzione sociale che il mondo si attende.

Non basta una retorica del cambiamento, né un generico richiamo all’orgoglio di partito, quando l’orgoglio è veramente sentito, perché di fatto il partito non ha attualmente nessuno strumento di formazione e comunicazione, con una vita interna poco partecipata e democratica. Con le ultime esperienze di salita e discesa dall’autobus pensiamo sia anche concluso, per fallimento, il modello di direzione leaderistica, il modello, cioè, di una “democrazia di mandato” fondata su deleghe in bianco a singoli o a ristretti gruppi di comando e a deboli sistemi collettivi di formazione delle idee e delle decisioni. Invece, bisogna avere coraggio nel rinnovare i gruppi dirigenti, operando un’apertura a nuove generazioni di giovani, di donne, di lavoratori, di intellettuali e combattendo ogni forma di cooptazione, di notabilato, di carrierismo politico.
            Noi riteniamo, pertanto, che vada creata un nuovo tipo di organizzazione per mettere in campo una grande iniziativa di mobilitazione delle coscienze per ridare un'anima alla politica, sempre più persa nei meandri del potere. Occorre promuovere la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica ed amministrativa con trasparenza.

Va ricostruito un luogo della politica più ampio dove i cittadini possono discutere di loro problemi fondamentali, al fine di assicurare la vivibilità ed il bene comune.

   Per realizzare quest'obiettivo è necessario costruire all’interno del partito una nuova sensibilità che promuova la partecipazione politica. Solo con la partecipazione è possibile ricostruire un progetto che dia risposte ai bisogni sociali. Si tratta di operare un vero cambiamento che abbia come elemento principale della propria azione la rigenerazione della politica.


Avere un progetto sulle sfide aperte grandi e piccole
   Innanzi tutto occorre ripensare ai temi dell'educazione, della formazione, della ricerca, temi che devono diventare la nuova frontiera per abbattere il grado di povertà culturale e di analfabetismo di ritorno presente nel Paese. Tutti sanno che in Italia la spesa per la ricerca scientifica e per la pubblica istruzione è ridicolamente bassa se confrontata con gli altri paesi industrializzati. Bisogna riparlare di una politica culturale che punti al rilancio della scuola e delle università, allo sviluppo dei rapporti tra scuola e società e che metta il Paese in condizione non solo di superare la concezione imperante di un mondo ultramaterialistico e unidimensionale, agghiacciante nella sua omogeneità, ma anche di fornirsi di strumenti idonei alla comprensione del diverso. Va, pertanto, elaborato un nuovo rapporto scuola/mondo del lavoro per una vera riforma, per una scuola moderna e all’avanguardia, creando i giusti collegamenti tra il mondo della scuola ed il mondo esterno, sia in ambito tecnico economico-scientifico sia umanistico.
            Il nostro partito, che pone il merito tra i suoi valori, dovrebbe avere un’idea dello sviluppo fondata sulla qualità sociale e ambientale. La qualità del sistema Italia sarà l’elemento di competitività sempre più determinante nella dimensione internazionale, così come lo sono già la ricerca, l’innovazione dei cicli produttivi e delle merci, la valorizzazione della risorsa lavoro e delle competenze. Puntare sulla qualità sociale e ambientale significa cercare risposte nuove a vecchi e irrisolti problemi. Ad esempio, è necessario uscire dal dualismo inceneritore-discarica per il problema dello smaltimento dei rifiuti quando sul mercato internazionale sono disponibili tecnologie nuove, ma completamente misconosciute o ignorate dall’attuale classe politica, la nostra più delle altre, tecnologie che potrebbero essere introdotte con il duplice effetto di non aggravare ulteriormente la già pessima situazione ambientale e di avviare un contenimento del fattore sociale, cioè della malavita legata al trattamento dei rifiuti. Di questo è sempre molto difficile parlare nel nostro Paese, noi in Campania siamo in prima linea e abbiamo da anni instaurato un proficuo rapporto con i Movimenti e le Associazioni locali e regionali.
            La qualità ambientale, poi, ha delle valenze che travalicano lo sviluppo economico e che diventano la leva di una nuova idea dello sviluppo. La tutela dell’ambiente, infatti, è intimamente connessa con la qualità della vita, la salute, la sostenibilità ambientale, la conservazione dell’energia, tutti parametri essenziali per entrare nel futuro con una prospettiva di rischi fortemente ridimensionata.
            Il nostro partito deve essere quindi in grado di elaborare nuove o più articolate risposte alle sfide aperte nel nostro Paese che, per citarne di passaggio solo alcune, si concretizzano nell’utilizzo delle energie rinnovabili e nella ricerca di fonti alternative, nel miglioramento e nell’implementazione delle infrastrutture nazionali che spaziano dai trasporti alle grandi infrastrutture di ricerca, nel potenziamento delle strutture turistiche per un effettivo impulso al potenziale turistico/economico con un coinvolgimento anche del settore archeologico e ambientale, nel varo di un piano nazionale di consolidamento idrogeologico del territorio con la creazione di strutture di controllo del tessuto naturistico/forestale, nella formazione di gruppi di osservazione e pianificazione e sostegno per le richieste di finanziamento di provenienza europea.

Infine occorre promuovere un sistema di micro finanziamenti alle imprese piccole e medie, da sempre l’anima del nostro Paese, e ausili effettivi per le società costituite da giovani, occorre instaurare un sistema di paracadute sociale per le famiglie in crisi o a zero reddito, occorre favorire senza discriminazioni l’ingresso delle donne in ogni attività sociale e lavorativa con sostegni economici e materiali per coloro che sono in attesa di un figlio o in maternitàhttps://mail.google.com/mail/u/0/images/cleardot.gif o nella condizione di ragazze madri. Questo, in sintesi, deve essere il nostro sentirci ed il nostro “essere di sinistra”.


Conclusioni
La personalizzazione della politica ha assunto nel nostro Paese una dimensione allarmante a tutti i livelli anche per il rapporto anomalo che si instaura tra mass-media e politica. Per effetto di questo rapporto anomalo un disvalore cambia di segno e viene percepito, subìto o assunto come valore, pure nel nostro partito, con conseguenze devastanti perché accade anche che decisioni di grande rilevanza siano assunte in modo non trasparente e al di fuori di ogni confronto nelle sedi democratiche. Quando ciò avviene, si incrina il rapporto vertice/base di un partito e si affievolisce il rapporto politica/società. Occorre, perciò, una correzione di questa tendenza e un ritorno ad una corretta e democratica gestione collegiale del partito, che resta l’unico antidoto efficace a contrastarla. Possono anche verificarsi situazioni in cui sia necessaria una rapidità nella decisione e in questi rari casi è ammissibile che la scelta avvenga nella “solitudine del potere”. Ma quando queste situazioni da eccezionali diventano prassi ordinaria allora si cade in un chiuso personalismo, nemico della democrazia e della coesione interna. In queste condizioni di interruzione di comunicazione vertice/base si instaura nel vertice anche una tendenza alla sottovalutazione delle esigenze di cura e di rinnovamento del partito con l’innesco di deleteri processi autocatalitici.
Per incidere concretamente sul rinnovamento del partito, auspichiamo allora l’elezione di un segretario e di un gruppo dirigente che sappiano raccogliere la sfida della ricostruzione del partito, che sia un partito che riparta dal basso, aperto cioè al nuovo, all’impegno dei militanti e a tutti i cittadini che ancora si riconoscono in quanti come noi lavorano nei territori.
Un partito rinnovato e un movimento capaci di produrre cultura, capaci di stimolare il dialogo, nella accezione riportata nella premessa, su questioni fondamentali e che, allo stesso tempo, abbiano la forza di 'con-vincere' nei luoghi delle scelte attraverso l'impegno di uomini e di idee. Un partito e un movimento che offrano ai cittadini la possibilità di essere protagonisti sul terreno delle scelte, sapendo bene che, quando la democrazia tradizionale fornisce, come è attualmente, forti segnali di crisi, il valore principe da tutelare diventa quello del proprio vivere liberi.
Soprattutto un partito che dia più poteri ai militanti, che abbia più rapporti con gli elettori, che faccia ampie verifiche sull’operato dei suoi dirigenti locali per evitare una volta per tutte gli episodi che c’hanno resi tristemente famosi e che non possiamo più sopportare che si ripetano.
Un partito quindi che realizzi le migliori condizioni di democrazia interna.

Auspichiamo insomma l’elezione di un segretario e di un gruppo dirigente che viva di partecipazione, che ami sentire più il noi che non l’io e che operi realmente nel solco di autentiche tradizioni e di Valori per dar vita dentro e fuori al partito a questo muoversi di uomini e di idee nuove e condivise, pur nella reale consapevolezza (e citando Friedrich Dürrenmatt) che “… non siamo né quelli che eravamo un tempo né quelli che dovremmo essere ora.” Il nostro impegno c’è e ci sarà sempre perché nulla sia trascurato per essere quello che dovremmo essere … oggi e domani.

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